venerdì 30 dicembre 2011

La luce di Lucia!

Mi scuso innanzitutto per il ritardo, visto che la festa è gia passata da un pezzo, tuttavia gli impegni mi hanno impedito di postarlo prima. Volevo iniziare in bellezza con la Santa del “giorno più corto che ci sia”, anche se non si può dire la stessa cosa del post…
Si tratta dell’articolo che avrebbe dovuto apparire sul numero di dicembre 2009 del bimestrale « I Siracusani », dopo gli articoli sui simboli San Michele e su San Paolo, purtroppo la pubblicazione venne sospesa e finora non è più stata ripresa. L’articolo prende spunto da uno precedente apparso sul quotidiano aretuseo  « Libertà », citato alla fine del post.
Il nome Lucia risale alla parola latina lux cioè “luce”. I nomi latini Lucius e Lùcia (divenuto Lucìa attraverso il greco « Lukía ») venivano imposti ai bambini nati durante le prime ore del giorno. In Italia è uno dei nomi femminili più diffusi che fece fortuna in epoca cristiana per due motivi: 
 - la luce era l’emblema della nuova verità; 
 - così si chiamava la vergine martire siracusana.
Lucia è senza alcuna ombra di dubbio fra le sante più conosciute ed invocate in ogni angolo della terra, la riconosciamo un po’ dovunque non appena la vediamo raffigurata: si capisce immediatamente dalla presenza del piatto con gli occhi. Questo è ovviamente il principale attributo della Santa, ma non il solo; appare “quasi” sempre nelle sue raffigurazioni, ma se manca ci sorge il dubbio circa la sua identità. Vediamo allora quali sono gli altri attributi iconografici e come fare a riconoscerla in caso di dubbio nelle varie immagini.
Nel modello della santità femminile possiamo individuare due aspetti: quello delle sante che hanno conservato la verginità e quelle che sono pervenute all’onore della Santità dopo il pentimento, la penitenza o la vita esemplare; nel primo caso, che ci riguarda da vicino, la santa viene spesso rappresentata con in mano un giglio quale simbolo di purezza, alcune volte però esso viene sostituito dalla palma simbolo del martirio, come nel caso di Santa Lucia. Nel Medioevo solo le vergini potevano indossare ghirlande di rose, da qui alcune rappresentazione in cui la Santa ha la testa cinta da una ghirlanda.
Per ciascuno aspetto o santa possiamo poi distinguere tre tipologie iconografiche:
1) i quadri che descrivono il ciclo intero della vita e del martirio di un/a Santo/a;
2) i quadri che privilegiano una scena della vita o del martirio;
3) i quadri che rappresentano la figura della Santa, da sola o in gruppo, con i suoi attributi iconografici che ne permettono l’individuazione.
Nel primo e nel secondo caso si può riconoscere la rappresentazione attraverso la conoscenza della agiografia, ovvero del complesso delle testimonianze che costituiscono la memoria della vita del/la Santo/a e del culto a lui/lei tributato. Analizziamo invece come si presenta la figura di Santa Lucia nel terzo caso, ove più difficile risulta la sua individuazione.
Le rappresentazioni pittoriche e scultorie inerenti la protettrice della vista sono numerosissime.
Lucia nell’arte è raffigurata come una damigella dai lunghi e fluenti capelli castani e lo sguardo rivolto al cielo, con tunica chiara e palla scura (tipico vestito romano), altre volte presenta un abito sontuoso di fattura antica che ne sta ad indicare la nobiltà di origine. Porta i propri occhi su un vassoio, ma anche su un libro, una conchiglia o un calice che tiene nella mano sinistra, mentre con la destra regge una palma; a volte ha una ferita e una spada conficcata nel collo, altre porta una spada trattenuta al braccio, in questi casi assume una posa simile a quella di San Paolo. Qualche volta la spada viene riprodotta dalle dimensioni di un pugnale. In alcune raffigurazioni pittoriche ritroviamo ai suoi piedi due rami di gigli e alle sue spalle due templi greci ed anche un rogo acceso.
Il pittore milanese Bernardino Luini la raffigura mentre tiene nella mano destra un libro, una palma e un pugnale con due occhi conficcati. Un’altra immagine la raffigura con la spada insanguinata a terra e il collo trafitto. Il simulacro argenteo conservato nella cattedrale di Siracusa raffigura la Santa con una palma nella sinistra, il calice con gli occhi sulla destra e la corona in testa. Particolare degno di nota è quello dell’assoluta conformità alla leggenda luciana da parte dell’autore che ha realizzato il simulacro lasciando nelle pupille della Santa un vuoto esattamente uguale alla grandezza degli occhi presenti sul piatto. Inoltre, sempre con riguardo al simulacro aretuseo, si individua nel petto una piccola croce di Malta.
Nell’ambito dei simboli o attributi che ciascun Santo/a presenta occorre distinguere quelli principali o caratteristici, che ne permettono l’individuazione senza alcuna ombra di dubbio, da quelli secondari o accessori, che ne completano la figura, ma da soli non ne permettono una individuazione certa.
Attributi caratteristici di Santa Lucia sono la lanterna accesa o un cero (anche se poco ricorrenti nell’iconografia classica) e due o più occhi sopra un piatto oppure all’estremità di uno stelo che ella regge come un fiore. In origine gli occhi e la lampada o il cero le furono attribuiti semplicemente a causa della connessione del suo nome con la luce, motivo per il quale è invocata contro le malattie degli occhi. Da questa associazione nacque in seguito la leggenda eziologica secondo la quale essa, esasperata dalle incessanti lodi alla bellezza dei suoi occhi da parte del suo promesso sposo, se li cavò e glieli fece recapitare; mentre secondo un’altra versione gli occhi le sarebbero stati cavati per ordine di Pascasio durante il suo martirio. Tuttavia nessuna delle versione degli atti inerenti il suo martirio fanno alcun cenno ai due episodi.
Sempre fra gli attributi principali, quindi presente in ogni raffigurazione, troviamo la palma, elemento comune a tutti santi che sono stati martirizzati. È, fin dalle origini, l’emblema delle vittorie militari, simbolo quindi di vittoria, di ascensione, di rigenerazione e d’immortalità. Portata nei cortei trionfali dei romani, fu poi adottata dalla Chiesa primitiva come simbolo della vittoria cristiana sulla morte e quindi quale simbolo del martirio subito dai cristiani ed è così passata nell’iconografia.
Spesso, nelle raffigurazioni pittoriche inerenti scene di martirio dei santi la palma, insieme ad una corona, è sorretta dagli angeli che volteggiano sopra il santo o la santa. Anche la corona è quindi un simbolo del martirio subito, sia in senso tradizionale, cioè fatta di oro, che come corona di fiori o ghirlanda (a volte di rose) che viene posta sul capo dei martiri nelle varie raffigurazioni artistiche. Nella Bibbia la corona è segno di gloria, di omaggio e di gioia. San Paolo paragona la lotta per la fede alle gare dei tempi antichi (1 Cor 9,24 e seg.). La corona o ghirlanda è però anche simbolo della verginità nuziale, e come tale è ancora usata nei matrimoni greco-ortodossi. Quale simbolo di verginità Santa Cecilia è inghirlandata di rose e di gigli, rare sono invece le raffigurazioni di Santa Lucia con una ghirlanda in testa; buona parte invece delle raffigurazioni la rappresentano con una classica corona in oro sul capo, la tipica corona che compare anche nella simbologia di questa santa e di molti altri. 
La tela del pittore Didomenico presente nella navata di sinistra della Chiesa di Sant’Antonio abate a Palazzolo Acreide è una delle poche opere in cui possiamo ritrovare la ghirlanda di rose tenuta, insieme alla palma, da un angelo, mentre dei putti (angioletti piccoli) sorreggono gli altri simboli: il piatto con gli occhi la spada, un lembo di tunica ed un indumento. A terra troviamo delle catene che probabilmente si riferiscono al trascinamento con i buoi. Possiamo ammirare tutti questi simboli, singolarmente oppure raggruppati insieme, nei vari manufatti presenti nella cattedrale ed in particolare nella cappella della Vergine siracusana, ma anche nell’edicola votiva presente nel piazzale delle poste. 
Nella prima possiamo ammirare una spada e una palma ai lati del reliquiario, mentre in una raffigurazione marmorea troviamo insieme palma, pugnale/spada e patena con gli occhi, che ritroviamo pure nel simbolo della congregazione di Santa Lucia. Gli stessi elementi, anche se assemblati in maniera differente sono raffigurati, insieme al fuoco, nel bassorilievo posto sopra l’edicola presente al piazzale delle Poste.
Alcune raffigurazioni, tra cui il simulacro argenteo, presentano una fiamma posta sopra il piatto o patena, è da ricondurre quasi certamente al legame del nome Lucia con la parola luce ed in quanto tale è un attributo principale; dubbia è invece il ricondurla al fuoco che appare insieme agli altri attributi secondari ai piedi o alle spalle della Santa. Il fuoco o il rogo si riferisce ad un particolare momento del suo martirio, allorché visto che era inamovibile e creduta una strega, venne cosparsa di pece e data alle fiamme, ma queste non la toccarono minimamente.
Il quadro posto nell’altare di Santa Lucia, la statua marmorea di Antonello Gagini nella navata di sinistra (posta su un basamento ornato con bassorilievi inerenti il martirio) e la raffigurazione su vetro della finestra sopra la navata destra presentano solo la patena con gli occhi, mentre la statua presente in alto a destra nella facciata barocca del duomo (dello scultore palermitano Ignazio Marabitti) e quella custodita in un altare di destra della chiesa della borgata, come molte raffigurazioni classiche presentano anche la palma.
Difficile rinvenire invece la presenza di un libro (simbolo della scienza e della saggezza), che si riferisce alla testimonianza ed alla divulgazione del Vangelo, che appare invece tra gli attributi principali dei quattro evangelisti (che scrivono sul libro aperto sorretto dalla figura che rappresenta il loro simbolo), dei “Dottori della Chiesa” e degli Apostoli come San Pietro e San Paolo, che possiamo ammirare in basso nella facciata barocca del Duomo. Si tratta dei quattro santi fondamentali per la città aretusea, “prima figlia di San Pietro e prima, dopo Antiochia, dedicata a Cristo”: San Marziano il primo vescovo, Santa Lucia la figlia illustre, San Paolo quale importante ospite e San Pietro che nominò il primo vescovo.
Tra gli attributi secondari ritroviamo la presenza di uno o più buoi; essi riguardano un altro momento del martirio, cronologicamente anteriore a quello già citato del fuoco: venuto a conoscenza del voto di castità fatto da Santa Lucia, il governatore Pascasio la condanna ad essere condotta in un postribolo, ma Lucia divenne colonna inamovibile, né gli uomini riuscirono a trascinarla né i buoi a cui venne legata.
Di rado è possibile scorgere due templi greci alle sue spalle, essi sono il segno del luogo in cui è vissuta nonché del suo martirio: la Siracusa romana, all’epoca ricca di edifici greco-romani.
Di incerta attribuzione risulta la presenza nel simulacro argenteo di Santa Lucia, come pure in molte altre statue di santi festeggiati nell’area iblea, di una croce di Malta. La sua presenza potrebbe essere ricondotta ad un’onorifica appartenenza all’Ordine devotamente data alla Santa da una locale delegazione dei Cavalieri di Malta, peraltro molto presenti in tutta l’isola.
Discorso a parte bisogna fare per le rappresentazioni bizantine, qui il nome del santo viene scritto in caratteri cirillici ai lati della testa e presenta pochissimi attributi; Santa Lucia viene rappresentata con la sola croce in mano, si identifica invece dalla presenza del nome greco Loykia alla sua destra.
Concludiamo con una curiosa rappresentazione della santa siracusana che la vuole in compagnia di un asinello con le bisacce colme di giocattoli.
Il 13 dicembre da sempre, in Lombardia, si celebra la festa dei bambini: Santa Lucia. Centinaia di bancarelle ricche di dolci e giochi affollano le strade delle cittadine lombarde, con i caratteristici “badì de dama”, dolcetti di zucchero nati per attirare l’asinello di Santa Lucia, che in questa notte si sofferma davanti alle case lasciando doni in cambio. Qui la figura della Santa assume i tratti caratteristici di San Nicola o Babbo Natale, ma anche della befana (in alcune zone è rappresentata come una vecchina anziché come fanciulla): la sera della vigilia i bambini prima di andare a letto preparano sulla finestra la letterina, il fieno per l’asinello, delle arance per Santa Lucia poi di corsa sotto le coperte ansiosi, aspettando S. Lucia e sperando che porti i doni tanto desiderati; nelle zone del bresciano e nel veronese si prepara un piatto con la farina di mais per l’asinello e poi si va a letto, tenendo gli occhi chiusi per tutta la notte, se passando Santa Lucia trova un bambino con gli occhi aperti vi butta della cenere. Al mattino i ragazzi troveranno la farina di mais mangiata ed accanto i doni: giocattoli, dolci, frutta (tra cui arance e mandarini), ma anche soldini e pezzettini di torrone.
Brescia e Verona sono tuttavia solo le cuspidi di un’antica tradizione che abbraccia tutta la Pianura Padana, dalla Lombardia fino al Triveneto, passando per l’Emilia-Romagna. Bergamo, Brescia, Crema, Cremona, Lodi, Mantova, Parma, Piacenza, Pordenone, Reggio Emilia, Udine, e Verona un tempo erano territorio di competenza di Santa Lucia per la distribuzione dei doni ai più piccoli, oggi la tradizione resiste in alcuni luoghi, mentre in altri il suo posto è stato preso da Babbo Natale.
Una chicca per loccasione: in un recente promo sul canale satellitare Alice, lo chef Daniele Persegani racconta di aver chiesto a Santa Lucia, da ragazzino, come regalo proprio una pentola a pressione.
Oltre al Nord Italia Santa Lucia si festeggia come portatrice di doni per i bambini in Cecoslovacchia e anche in Austria, mentre in Danimarca e Svezia la Santa viene festeggiata con la scelta di una ragazza che la raffiguri e in corteo con altre ragazze che l’accompagnano nel portare doni ai bambini e alle istituzioni caritatevoli: la Lucia di Svezia, con la sua corona di luce ci viene a trovare ogni anno a Siracusa in occasione dei festeggiamenti della patrona aretusea.

Per i cibi legati alla Santa luminosa e le relative tradizioni, occhi di Santa Lucia, cuccia, asinello, ecc., vi rimando all’apposito blog (seguite i due link precedenti) oppure date un’occhiata sui motori di ricerca: sulla cuccia c’è parecchio materiale…

[ Da “Viaggio luminoso in nome della Santa” , pag. 7 del quotidiano « Libertà » n. 297 di mercoledì 16 dicembre 1998 ]