Tutti conoscono il nome e la figura di questo santo grazie anche ai vari dipinti e sculture che lo ritraggono un po’ dovunque. Il suo nome, giunto fino a noi attraverso il latino Sebastianus, deriva dalla radice greca sebastós il cui significato è “degno di venerazione”. Si tratta quindi del corrispondente greco dell’Augustus” dei Romani.
Considerato terzo fra i sette difensori della Chiesa nella catalogazione di Gregorio Magno, compatrono di Roma dopo Pietro e Paolo, Sebastiano, soldato martire di Cristo, figura affascinante nella storia e nelle leggende, ritorna nell’arte con incredibile frequenza. La copiosità delle immagini è alimentata dal terrore per la peste contro cui viene invocato quale protettore. La tipica figura è quella che rappresenta il suo primo martirio, questo santo infatti venne martirizzato due distinte volte ed è perciò detto bimartire. È la più diffusa rappresentazione di nudo artistico che viene conservato nelle chiese. L’immagine di San Sebastiano fu ripresa dai pittori e dagli scultori rinascimentali italiani come pretesto per la rappresentazione virtuosistica del nudo maschile eretto.
Nella più ricorrente iconografia, San Sebastiano è legato, con le mani dietro, ad un albero oppure ad una colonna ed è trafitto da numerose frecce scagliate dai suoi stessi compagni pagani, arcieri come lui, ai suoi piedi può trovarsi posata la sua armatura. Qualche volta appare solo il suo elmo, specie fra i simboli. Sullo sfondo si ha una veduta di Roma dal colle Palatino, luogo presunto del suo martirio. Nei primi periodi era raffigurato come un vecchio, ma successivamente la sua figura assunse le fattezze di un giovane dalla carnagione e dai capelli chiari, fu questo il modulo maggiormente seguito nelle raffigurazioni di questo santo. In numero decisamente inferiore quelle raffiguranti altre scene della vita, spesso appare ai piedi della Vergine insieme a San Rocco.
Nelle immagini di Venezia (e Benevento o Brescia) reca una piccola croce astile (= senza alcuno stile, semplice) secondo i moduli bizantini celebrativi dei martiri, mentre a Prato porta nelle mani una freccia, comincia ad apparire l’attributo principale simbolo del suo primo martirio, mentre il bastone emblema della sua morte compare raramente.
In alcuni dipinti a sollevarlo dalla sofferenza intervengono gli angeli che recano la corona e la palma del martirio (scena alquanto ricorrente nelle raffigurazioni di martirio di molti santi).
Come per tutti i martiri il primo simbolo è costituito dalla palma che ne rappresenta genericamente il martirio. In associazione o in sostituzione della palma si trovano dei simboli propri (specifici) del tipo di martirio subito dal santo. Troviamo la spada come simbolo della decapitazione nei santi che hanno subito questo tipo di martirio, come San Paolo. In San Sebastiano, come attributo principale, troviamo una o due frecce che indicano l’episodio del primo martirio. Forse non tutti sanno che questo Santo, denunciatosi all’imperatore Diocleziano presso cui prestava sevizio come soldato e da questi condannato ad essere trafitto dalle frecce dei suoi stessi compagni pagani, sopravvisse al martirio in quanto le frecce non lesero alcun organo vitale (fatto questo non sempre rispettato dai pittori). Trovato e curato da una pia donna di nome Irene, ritornò davanti l’imperatore a professare la sua fede e questa volta venne ucciso (i suoi carnefici si assicurarono della sua morte) a bastonate e buttato nelle fogne.
Le frecce possono essere due come nella chiesa di Palazzolo Acreide oppure una come nel santuario di Melilli.
Un altro elemento che ricorre di frequente è la corona, altro simbolo del martirio. Ne troviamo due, in riferimento al suo duplice martirio, a Melilli mentre ne ricorre una sola a Palazzolo.
Qualche volta fra i simboli appare la colonna, come nell’edicola votiva di Siracusa, altre volte appare il suo cimiero come segno della sua armatura e quindi del suo grado di soldato dell’Impero Romano.
Nessun riferimento simbolico invece al suo secondo martirio, troviamo invece un riferimento alla sua ostinata denuncia di essere un cristiano nella sua particolare protezione dalle malattie dell’organo della parola.
Nella chiesa di Melilli abbiamo due differenti simboli. Il primo si trova nel secondo ordine della facciata e raffigura due corone poste una sopra l’altra, intersecate da una palma e una freccia che s’incrociano. Il secondo simbolo è collocato proprio sopra i due portali laterali della facciata dell’edificio e vi si trovano sempre due corone poste una sopra l’altra, ma ciascuna intersecata da una palma.
Non molto dissimile dal primo simbolo è quello che ricorre negli stendardi della festa di Palazzolo Acreide e nel bassorilievo sotto la cantoria della Chiesa dedicata la Santo. Vi è raffigurata una corona intersecata da una palma e da due frecce che s’incrociano.
Infine va segnalata la presenza nelle statue raffiguranti questo santo, come altri, nei vari comuni della Sicilia la presenza nelle decorazioni o nei corredi di una croce di Malta, del cui probabile significato si è già trattato con Santa Lucia.
[ Da “I simboli religiosi e culturali di San Sebastiano”, pag. 12 del quotidiano « Libertà » n. 106 di giovedì 6 maggio 1999 ]
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